La Cassazione orienterà la Corte Costituzionale sul caso Dj Fabo?

di Massimo Magliocchetti
La Corte di Cassazione è tornata a decidere sul tema dell’istigazione del suicidio assistito con una pronuncia che conferma la totale incompatibilità di tale fattispecie con i «nuovi diritti». La decisione è stata pubblicata nello stesso periodo in cui la Corte Costituzionale avrebbe dovuto decidere la legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., nel contesto del processo del leader dei Radicali, Marco Cappato, per la morte di Dj Fabo.

Ad oggi, l’art. 580 del codice penale punisce con la reclusione da cinque a dodici anni, se il suicidio avviene, «chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione».

La Cassazione orienterà la Corte Costituzionale? – Con la sentenza n. 48360/18, depositata il 23 ottobre scorso, la Suprema Corte ha definito l’istigazione al suicidio «una forma subdola di coartazione della volontà, idonea a sopraffare – o comunque a condizionare – l’istinto di conservazione della persona».

Un passaggio chiaro e inequivocabile che sgombra il campo da possibili equivoci circa l’ipotesi di ascrivere il reato di istigazione al suicidio nei «nuovi diritti», come più volte sostenuto dai fautori della illegittimità costituzionale dell’aiuto al suicidio. Pochi giorni dopo la pubblicazione di questa lapidaria statuizione, però, la Corte Costituzionale ha formalmente chiesto al Parlamento di legiferare sul tema, denunciando un vuoto normativo, rinviando a settembre del 2019 la decisione sul caso di Marco Cappato, accusato di aver aiutato Dj Fabo a morire portandolo in Svizzera.

Secondo la Cassazione, quindi, l’istigazione al suicidio assistito è come se condizionasse la libertà dell’individuo. Infatti, definendola «subdola coartazione» ha bollato tale pratica come uno strumento incapace di permettere una vera espressione dell’autodeterminazione della persona. Dunque, viene confermata la natura di reato commesso con violenza contro la persona, come previsto dal codice penale vigente.

Istigazione al suicidio e omicidio del consenziente: differenze. – Sui mezzi di informazione, al momento del lancio della notizia dell’ultima decisione degli Ermellini di piazza Cavour, non sono mancate notizie contraddittorie che hanno confuso il tema del suicidio assistito con quello dell’omicidio del consenziente.

Eppure, proprio la Cassazione sul punto è stata netta nel separare le due fattispecie. In una storica sentenza della Suprema Corte, la n. 3147 del 1998, i Giudici hanno ribadito che il discrimine tra il reato di omicidio del consenziente (art. 579 c.p.) e quello di istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.) va individuato nel modo in cui viene ad atteggiarsi la condotta e la volontà della vittima in rapporto alla condotta dell’agente.

Si avrà omicidio del consenziente nel caso in cui colui che provoca la morte si sostituisca in pratica all’aspirante suicida, pur se con il consenso di questi, assumendone in proprio l’iniziativa, oltre che sul piano della causazione materiale, anche su quello della generica determinazione volitiva; mentre si avrà istigazione o agevolazione al suicidio tutte le volte in cui la vittima abbia conservato il dominio della propria azione, nonostante la presenza di una condotta estranea di determinazione o di aiuto alla realizzazione del suo proposito, e lo abbia realizzato, anche materialmente, di mano propria.

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